1981 – Indagine a New York

di J.C. Chandor

Come resistere alla violenza nell'anno della ferocia? All'opera terza Chandor firma uno dei grandi film americani del decennio.

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Si muove come un delfino in un mare di squali, Abel Morales (Oscar Isaac), perennemente sotto la pressione dell’ambiente che lo circonda, pronto a non cedere mai alla violenza ed all’illegalità. Un Rocky del petrolio, da emigrante a trasportatore ad imprenditore, gestisce insieme alla moglie, Anna Morales (Jessica Chastain), un’azienda in espansione nel settore della distribuzione, sul suolo newyorkese, dell’oro nero. Attività rilevata dal padre della moglie, figura con un passato ambiguo, mafioso. Insieme all’avvocato Andrew Walsh (Albert Brooks) si troverà costretto nell’anno più violento, 1981, a risolvere pressioni multiple derivanti sia da un’indagine del procuratore della città, intento a condannarlo tramite sedici capi d’accusa, sia dai competitor del settore petrolifico, sciacalli pronti a comprare il petrolio rubato dai camion trasportatori dell’azienda di Abel. Una corsa contro il tempo per trovare i soldi necessari a saldare una compravendita di uno stabilimento che dà sul fiume, affare da tre milioni di dollari sottoscritto con i proprietari ebrei.

È sempre l’ambiente a definire i personaggi del cinema di J.C. Chandor, è nel rapporto che si instaura tra essi e il contesto che inizia la narrazione e la caratterizzazione dei suoi protagonisti. Perlopiù uomini solitari, in corsa contro un tempo avverso, sotto pressione, dispersi; che sia il mare aperto a definire la sopravvivenza (All Is Lost), in un silenzio assordante dove tutto sembra perduto, o che sia la logica dei soldi nella solitudine del broker (Margin Call), vissuta dall’ultimo piano di un palazzo mentre il mondo all’esterno sta per collassare, l’uomo di Chandor è perennemente in conflitto con il contesto nel quale cerca di sopravvivere. Luoghi chiusi e circoscritti, stanze, barche, aziende, la stessa megalopoli come New York appare asfissiante, una quinta enorme, relegata alla profondità di campo, infinita, illimitata, orizzontale, che spinge i protagonisti in vortici agorafobici. Figure ieratiche ed esperte, lo stesso Abel incarnerà perfettamente queste due caratteristiche, e quando tutto l’ambiente intorno al protagonista sembra indurlo alla violenza, quando lo stesso destino, costruito legalmente dal protagonista, sembra fuggire alla presa, Abel non collasserà, non si lascerà trascinare dal vortice del sangue, affrontando con metodo tutti i problemi che gli ostacolano la strada. È nel meraviglioso rapporto con la moglie che Chandor definisce i contrasti; l’uno diverso dall’altro, parti speculari di un corpo/mondo, sia violento che metodico, lei spara, figlia di un gangster, reagisce nel modo a lei più naturale, lui aspetta, ragiona, osserva dritto in faccia, frontalmente, il proprio destino. Una storia legata all’etica del sogno americano che rifugge il genere gangsteristico, un film secco ed asciutto, che si trattiene senza mai risultare statico, che devia dalla violenza tratteggiando una figura determinata a risolversi nella legalità.

1981 – Indagine a New York, che preferiamo chiamare con il suo titolo originale, A Most Violent Year, è un film tutto in sottrazione, dal genere e dal sangue, solo nel finale è possibile riconoscere una macchia rossa su di un silos che sgorga, in un foro, petrolio nero per un colpo sparato, simbolo di un’america che ha mischiato spesso l’emoglobina al petrolio, la violenza alla sicurezza personale, l’espansione dell’interesse personale alla congiura dei competitor. Chandor sa lavorare perfettamente con il tempo filmico, lo usa come struttura portante del thrilling, sempre in grado di dosarlo sapientemente, un tempo in scadenza ed un uomo alle prese con la fine, un tempo massimo che diventa angoscia di un presente instabile, pronto a collassare nella sconfitta ma capace di tirare fuori il meglio dei personaggi. E’ quando ci si trova con le spalle al muro, tra la vita, la morte, o vicino a qualcosa di peggiore, come il fallimento, che gli eroi di Chandor danno il meglio si loro. Affrontando con metodica determinazione, come orologi esatti alla conquista del tempo perduto, la sventura dell’ambiente che li circonda.

Fotografando una città a tinte ocra, nella ricostruzione vintage degli anni ’80 e della loro caratteristica messa in scena, i personaggi si muovono come silhouette rabbuiate da una quinta esposta, ombre di una città dove la violenza regna solo nel fuoricampo, lontana dalla luce che illumina la missione di Abel. In uno degli anni più violenti, l’eroe chandoriano rimane saldo e fedele al suo orgoglio di uomo e di imprenditore. Un anti-padrino legato al rispetto della legalità.

Autore: Giorgio Sedona
Pubblicato il 04/02/2016

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