Uomini proibiti

La documentarista Angelita Fiore restituisce voce in capitolo ai preti che hanno rinunciato al sacerdozio, per seguire con onestà l'Amore a cui il Signore nuovamente li ha chiamati: la vita coniugale

A ridosso di due notevoli opere, Il caso Spotlight (Oscar 2016) e Il Club , volte ciascuno a suo modo, a spingere sotto i riflettori le indicibili (anche e proprio perché occultate) derive della dimensione clericale, la documentarista varesina Angelita Fiore, presenta il suo Uomini Proibiti, per allargare il campo di indagine ad altra atavica questione sottaciuta e a torto confusa con quelle medesime tenebre, che le istituzioni ecclesiastiche propagano per perseverare se stesse a discapito di una più umana misericordia.

Separare la luce dalle tenebre è il primo atto di discernimento di Dio sulla bontà del creato, metafora ed utopia che dovrebbe ispirare ragione e sentimento in primis dei ministri della fede cristiana. Di uomini e donne di carne e spirito, che ancora votano al Signore la propria castità, secondo un’arcaica prescrizione sacrificale, istituita e perpetrata nei secoli, di concilio in concilio, da altri uomini e per cause di conservazione politica e patrimoniale, ben oltre l’interpretazione di quel Verbo che predilesse la carne per manifestarsi al mondo. La documentarista espone, attraverso una regia lieve e un trattamento ponderato di fonti e testimonianze intime, le storie di tre ex sacerdoti e delle loro famiglie, contesi tra l’Amore, nella forma coniugale e genitoriale e i sotterfugi di un diritto canonico, che anacronisticamente non contempla possibilità di affrancamento.

Storie di uomini e donne in conflitto con gli insondabili disegni divini, con la dignità e la responsabilità personale dell’hic et nunc, con il coraggio e l’onestà di svestire l’abito e i rituali sacerdotali, senza necessariamente spogliarsi di fede e spirito solidale. Le confidenze dei protagonisti e le loro diversissime parabole di vita, si infrangono tutte contro questioni di principio secolare, oggi riconoscibili come vere e proprie tare culturali, se si pensa ancora alla nozione di peccato connessa alla sfera sessuale, al pregiudizio di stigma che travolge esclusivamente le donne, amanti - tentatrici di una presunta asessuata purezza sacramentale, per finire al disconoscimento delle famiglie d’origine, che grette ed egoiste, rinnegano i figli spretati.

Oltre la commozione che pervade il film, i dati parlano chiaro: ad oggi i preti dichiarati che hanno rinunciato al sacerdozio per l’amore di una propria famiglia (la cellula stessa su cui la Chiesa Cattolica asserisce di fondarsi ed ergersi) sono ben oltre 120.000 ed è altrettanto chiaro come impossibile sia la ricognizione del manto di clandestinità che investe chi invece si cela nell’ombra, nel silenzio autoinflitto.

Luce e tenebre, appunto, laddove volendo pensare alla Chiesa Protestante, tenebra non è, inconciliabilità di relazioni e ordine di servizio devozionale non c’è, laddove passa un intero universo di ragionevolezza umana tra peccato (la corresponsione e la crescita d’amore di coppia) e reato (abusare dell’incapacità di giudizio).

È dunque esclusivamente una disputa di riforme e di indottrinamenti, la stessa istituzione dei seminari, come luoghi di educazione della vocazione di giovanissimi, compreso il celibato e il contenimento sessuale, risale al Concilio di Trento, in piena Controriforma, quando anziché ricongiungere lo scisma, la Chiesa di Roma marcò le proprie posizioni di potere. È senza dubbio il ricatto morale, quello che le voci e i volti di Uomini proibiti denunciano. Che sia Fausto, anziano ex sacerdote missionario e teologo, così come Lucy, dodici anni, figlia di un ex prete, oggi operaio sindacalista. Il ricatto morale che può ancora esercitare sul primo la strumentalizzazione del simulacro della Vergine Maria, purezza di madre immacolata, im – peccabile; il ricatto morale che possono esercitare sulla seconda le fotografie e i filmini di famiglia dell’ordinazione sacerdotale del padre, ostentate dai nonni.

Di queste aberrazioni delle manifestazioni del credo, ci parla Angelita Fiore, che in uno slancio di fiducia chiude l’opera accantonando il dolore confuso e frastornante dell’incipit, per dar spazio invece a chi milita oggi perché la Chiesa, nella persona lungimirante ed essenziale, quale si mostra Papa Francesco, decreti definitivamente che il celibato non è un dogma di fede irreversibile e che soprattutto rappresentare il Signore in terra, consacrarsi a lui, vuol dire consacrarsi all’ Amore, in una provvidenza oggi più che mai anche laica, con cui Egli ci chiama al miracolo della vita.

Autore: Carmen Albergo
Pubblicato il 17/04/2016

Ultimi della categoria