The Idealist

Christina Rosendahl dirige un appassionante film d'inchiesta con mano sicura e consapevolezza stilistica, strizzando un occhio al thriller politico americano.

Nel gennaio del 1968, un bombardiere americano B-52 carico di bombe nucleari ad idrogeno si schianta nei pressi della base militare americana di Thule, nell’attuale Groenlandia. L’incidente viene rapidamente minimizzato e, in sostanza, insabbiato.

Venti anni più tardi, molti degli operai che si sono dedicati alla bonifica del luogo dell’incidente presentano sintomi preoccupanti di malattie legate all’esposizione di radiazioni nucleari. Il giornalista Poul Brink ne viene casualmente a conoscenza e si rende conto che qualcosa non quadra. Alleandosi con un gruppo di malati e vittime dell’incidente, Poul avvia un’indagine complessa contro il proprio governo e un ingombrante alleato: la NATO e gli Stati Uniti d’America.

Christina Rosendahl, regista danese con un passato documentaristico e televisivo alle spalle, firma un film di inchiesta con obiettivi precisi e uno sguardo di grande coerenza. La storia dell’incidente è, in sé, motivo sufficiente per dare urgenza ad un film come The Idealist. Ancora più importanti, tuttavia, sono le conseguenze dell’incidente nucleare e il tipo di logica e di politica che esso genera, e che il film sottolinea ed elabora.

La storia di Poul Brink è la storia di un uomo che si scontra con menzogne su menzogne, minacce su minacce. Entrando nelle stanze del potere, Brink si scontra con visioni del mondo e pragmatismi di potere che pongono quesiti ben precisi e che la regista lascia, saggiamente, aperti. Brink ha combattuto una battaglia giusta; ma fino a dove bisogna spingersi in questa lotta? Quando finisce il bene comune e comincia l’ossessione di un giornalista in carriera? Cosa significa governare un paese, e quali sono i limiti dell’interesse strategico nazionale? Sono domande profondamente legate a un contesto specifico, quello della Guerra Fredda, ma la politica internazionale e i tristi fatti di Parigi ci ricordano che, in un mondo dove il fine tende sempre a giustificare i mezzi, la natura e il senso di quel costrutto chiamato democrazia sono sempre fluidi e dipendenti da mediazione e formazione del cittadino.

Lo stile di The Idealist è calibrato per costruire un’esperienza estetica coerente con la tematica e il personaggio intorno a cui ruota la narrazione; al tempo stesso, il film dialoga con un pubblico più ampio e arriva ad avvicinarsi con la drammaturgia da thriller politico; a tratti, sembra di avere di fronte un film di Alan Pakula come Perché un assassinio o Tutti gli uomini del Presidente.

The Idealist viene costruito dal punto di vista di Poul stesso, centro diegetico del film; la comprensione dei fatti è spesso incompleta quanto quella dello spettatore, e rende conto con grande efficacia della solitudine del giornalista di inchiesta, così come del faticoso lavoro di costruzione della verità o di una sua possibile narrazione [1]. L’altra scelta è quella di fare largo uso di materiale d’archivio che dialoga, oltre che sostituire, il lato finzionale del racconto. Attori e persone, narrazione filmica e telegiornali, interviste e documenti si rimandano a vicenda in un gioco della verità nel quale, spesso, il Potere assume le fattezze di una forza sociale, narrativa e storica invece che di un Nemico allegorico e dalle qualità trascendenti.

Serrato, visivamente impeccabile e compatto, The Idealist riesce ad evitare quasi tutte le trappole del suo genere, senza trasformare il suo protagonista in un eroe astratto e disincarnato. Nel suo pudore, nella sua pragmaticità e nella sua urgenza espositiva, il film di Christina Rosendahl si candida a diventare una delle visioni più interessanti del Festival di Torino 2015 ed uno dei più solidi esempi recenti di cinema europeo dalla vocazione civica.

[1] Solitudine che, peraltro, mai si traduce in isolamento totale, a priori, del protagonista. Per una volta tanto, non siamo di fronte ad un complotto onnipotente e infallibile; anzi, il Potere è anche umano e capace di gravi sviste.

Autore: Alessandro Gaudiano
Pubblicato il 24/11/2015

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