New York 2015 / The Walk

Zemeckis racconta Petit e la sua camminata funambolica, gesto anarchico che divenne arte di pura bellezza, una poesia con la quale affacciarsi oggi alle Torri Gemelle e al trauma che rappresentano.

E’ una strana sensazione vedere The Walk di Robert Zemeckis qui, fra i newyorchesi.

Anche se sono passati quasi 15 anni da quell’11 settembre, è sempre aperta la ferita delle torri gemelle. Una cicatrice che lascerà a lungo il suo segno vistoso e inconfondibile. E in The Walk le torri gemelle sono le protagoniste del sogno di Philippe Petit, funambolo francese che nel 1974 sfidò la paura e realizzò un’impresa che è ancora leggenda: camminare su un filo appeso fra le torri la mattina del 7 agosto, sospeso nel cielo e oltre le nuvole a 400 metri di altezza, per ben 45 minuti.

L’impresa di Petit è stata già oggetto di un bellissimo documentario, The Man On Wire vincitore del premio Oscar nel 2009 e diretto da James Marsh; oggi viene raccontata da Zemeckis in 3D. Ma, mentre nel documentario possiamo vedere le immagini originali e il racconto dei protagonisti di quell’impresa, nel film si può rivedere e rivivere quell’emozione. Come ha raccontato lo stesso Zemeckis durante conferenza stampa: “nel film voglio far vivere l’esperienza di quella camminata”. E ci riesce, grazie soprattutto ad eccellenti effetti visivi, all’utilizzo di un 3D che rende la passeggiata fra le nuvole quanto mai vera e tangibile. Ovviamente le torri sono ricostruite al computer, in un abbondare di effetti speciali con lo scopo di portare lo spettatore lassù, con il fiato sospeso e una paura immobilizzante.

Senza effetti speciali ma ricca di sentimento è invece la bravura di Joseph Gordon-Levitt, che interpreta Philippe Petit con un perfetto accento francese e che dai tempi di 500 giorni insieme sembra clamorosamente maturato.

Il film racconta un sogno e la lotta per la sua realizzazione: questo giovane di 25 anni che decide di sfidare se stesso e i limiti del possibile camminando fra la torre sud e la torre nord dei più alti edifici del mondo.

Per lui, questa camminata è necessaria, diventa la sua ossessione, ne studia ogni passaggio al dettaglio per mesi e mesi, insieme ad un gruppo di fidati collaboratori necessari per portare a compimento il coup, il suo spettacolo artistico. Petit infatti non si considera un circense bensì un artista, e la sua arte è sinonimo di bellezza, poesia, stupore. Zemeckis come molte altre volte nei suoi film, si è affezionato alla storia di un uomo straordinario che tenta gesti fuori dalle regole, che accetta e affronta qualsiasi sfida; lo aveva fatto in Cast Away e in Forrest Gump, così come in Ritorno al futuro. In questo cinema si raccontano imprese impossibili, uomini indimenticabili, azzardi, sfide, sempre oltre se stessi e la paura, oltre le “colonne d’Ercole” fisiche e mentali. Le storie del regista di Chicago sono schiaffi al consueto, alla realtà, sfide che osano l’impensabile. Come la storia di Petit, che supera la fantasia e che fa del suo nome una leggenda vivente.

Quando Gordon-Levitt/Petit è sospeso nel vuoto ci sentiamo su quel filo, nel nulla esattamente come lui. Quel filo tirato fra gli angoli delle torri sembra proiettato verso l’infinito; la sua camminata è pura bellezza. Vediamo un’anima sospesa nel vuoto che sbeffeggiando le autorità ricorda che l’arte è anche richiamo alle infinite possibilità dell’uomo. E’ un gesto anarchico, rivoluzionario, imprevedibile, senza alcun fine se non quello di essere se stesso. E’ così che diventa ispirazione, fonte di speranza per gli altri. Per quanto si possa provare a destrutturare la natura del gesto di Petit, quello che emerge dal racconto di Zemeckis è che la camminata funambolica non è altro che un sogno incredibile, necessario perché totalmente folle, guidato dalla passione, alimentato dalla tenacia, rafforzato dalla fede e reso reale grazie alla magia.

Il primo passo su quella fune separa il certo dall’incerto; avanzare significa abbandonare il conosciuto e andare verso un mondo ignoto di nuvole e vuoto. Petit aveva camminato sospeso anche in altri luoghi, sempre illegalmente, ma le torri gemelle hanno suscitato un interesse mondiale. Non soltanto ha sfidato le autorità infiltrandosi illegalmente negli edifici, ma il suo spettacolo ha risvegliato il mondo intero alla bellezza.

Dicevamo della difficoltà di vedere questo film proprio a New York. E’ sempre emozionante rivedere quelle torri che emergono dalla terra, simbolo di questa città e del mondo occidentale, alla loro immagine è legato anche il ricordo del dolore, un dolore ancora vivo nei cuori di tante persone. Nonostante questo, come è stato ribadito durante la conferenza stampa a margine della proiezione, la meravigliosa impresa di Petit è anche un pretesto per Zemeckis, per rendere omaggio a queste torri, per ricordarle almeno una volta senza l’incubo del terrorismo e l’odore della morte. Per ricordarle come un’opera d’arte, alla quale Petit ha dato un’anima.

Autore: Shaila Risolo
Pubblicato il 01/10/2015

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