Intervista a David White

La nouvelle vague dell'horror italiano ha un'icona

Una delle peculiarità del nostro cinema popolare era l’impiego di cast internazionali. Di attori stranieri che sul lungotevere trovavano o ritrovavano la fama ne avevamo a bizzeffe: dall’americano Clint Eastwood al cubano Tomas Milian, dalla francese Edwige Fenech al tedesco Klaus Kinski, senza dimenticare il britannico John Steiner. Ed è proprio quest’ultimo che mi è tornato in mente quando, durante la visione di un horror contemporaneo nostrano, mi sono imbattuto per l’ennesima volta nell’inglese David White, da non confondere con il suo omonimo americano: il fu (Daniel) David White, ai più noto per la serie televisiva Vita da strega. Il nostro Mr. White ha i lineamenti e la corporatura tipicamente anglosassoni, tanto che per descriverlo basterebbe fare copia incolla dalla pagina Wikipedia di John Steiner: tall, thin and gaunt. Sfogliando la sua filmografia balza all’occhio come su quindici film realizzati, tutti rigorosamente italiani, solo uno non può essere definito di genere.

Mr. White, da dove ha cominciato?

Facendo teatro in Inghilterra. Nel 1994 a Brighton avevamo allestito uno spettacolo a tematica LGBT che trattava il problema dell’AIDS. Lo portammo anche a Bologna e qui io mi innamorai sia della città che di una persona speciale. Decisi perciò di trasferirmici due mesi dopo. Una volta arrivato in Italia ho cominciato lavorando nelle discoteche, all’occorrenza vestendomi da drag queen per degli spettacoli. Poi, casualmente, nel 1998 ho avuto la mia prima parte in un film, Tafanos dei Dipteros. Loro erano amici di amici e grazie a queste conoscenze in comune abbiamo iniziato una collaborazione che ci ha portato a realizzare insieme tre lungometraggi. Dopo il primo Tafanos, che era fondamentalmente un film comico, girammo il seguito nel 2002, Tafanos - L’inizio, e nel 2005 partimmo per Hong Kong per le riprese del thriller The Counting House con Maggie Q. Quattro anni e mezzo più tardi mi sono trasferito a Roma. Qui non ho fatto quasi nulla per tre anni, dedicandomi al lavoro di insegnate d’inglese e traduttore. Quest’ultimo mi ha aiutato molto con il cinema perché da quattro anni traduco sceneggiature, specialmente horror. Così il mio nome viene suggerito ai registi che poi magari mi dicono: vabbè, c’è una piccola parte per te. Insomma, nell’ambiente, ho un doppio ruolo che mi soddisfa molto.

La Sua carriera attoriale è proseguita sotto l’egida di Luca Boni e Marco Ristori.

Luca e Marco ormai mi chiamano il loro portafortuna. L’unico film che non ho fatto con loro è stato il primo, Eaters. Ma lo vidi a Natale in Inghilterra. Avevo saputo di avere un ruolo in Zombie Massacre così, per capire a cosa andavo incontro, noleggiai Eaters e lo guardai insieme a mia madre e la sua compagna la sera del 24 dicembre. Dopo di che sono stato ingaggiato non solo per gli altri film che hanno diretto (il fantasy Morning Star, Zombie Massacre 2: Reich of the Dead e l’ultimo Extecration – House of Evil) ma anche per due che hanno prodotto: Apocalisse Zero – Anger of the Dead, lo zombie-movie di Francesco Picone, e The Blind King di Raffaele Picchio, il quale per loro ha scritto Execration insieme a Lorenzo Paviano. Sia di The Blind King che di Execration sono disponibili i trailer. Nel primo interpreto il mostro dall’orribile maschera e nel secondo Padre Paul. Posso dire che su una dozzina di film horror a cui ho preso parte, metà me li hanno fatti fare Luca e Marco e, per questo, li ringrazio moltissimo. Oltre a essere cari amici, apprezzo particolarmente il loro modo di lavorare.

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Del 2014 sono Beautiful People e Tender Eyes, mentre dell’anno seguente Subject 0 dove è accreditato anche come sceneggiatore.

In Tender Eyes, il thriller di Alfonso Bergamo, avevo un piccolo ruolo. Mentre in Beautiful People di Amerigo Brini interpreto John, il padre di famiglia che cerca di tenere testa al cattivissimo Danny Cutler. Era il mio primo ruolo da protagonista e resterà sempre un’esperienza meravigliosa. Anche in Subject 0: Shattered Memories di Tiziano Cella ho una parte importante. Il film è stato inizialmente scritto da Roberto Del Piccolo poi, durante le riprese, abbiamo deciso di modificare la sceneggiatura in base alle esigenze di scena. Perciò Tiziano mi ha citato nei titoli come co-sceneggiatore. Io e lui ci troviamo molto d’accordo e stiamo collaborando anche al suo prossimo film, Red_Net. Lui ha scritto la sceneggiatura e io l’ho tradotta, poi ci siamo messi a lavorare insieme per perfezionarla. Devi considerare che la traduzione non può essere mai letterale ma è sempre un’interpretazione del testo. Quindi, a volte, qualcosa può cambiare. Non è facile come sembra. A proposito di Roberto Del Piccolo, con lui ho lavorato anche in My Little Sister, l’horror diretto insieme al cugino Maurizio Del Piccolo. Io ho una parte secondaria, sono colui che tenta di mettere in guardia dal pericolo i protagonisti, una coppia di fidanzati. Nei titoli, sono stato accreditato pure in veste di produttore associato come ringraziamento per la disponibilità sul set a cucinare e fare la spesa. Quando giriamo siamo tutti dalla stessa parte e poter essere d’aiuto in qualsiasi modo mi regala soddisfazioni imparagonabili.

Altri registi con cui ha collaborato sono D’Antona, Formisano e Zuccon.

Con Eros D’Antona ho lavorato due volte. In Insane avevo una particina. Quando ci siamo conosciuti ho detto che volevo essere ammazzato da Alex Lucchesi, non solo perché è un mito del cinema indipendente, ma anche perché mi piaceva il suo ruolo in Beautiful People, dove l’ho conosciuto. Così Eros ha scritto la scena apposta per me. Quest’anno invece siamo andati a Novara e abbiamo girato Haunted, dove interpreto un esorcista laico. L’esodo, invece, è il film di denuncia diretto da Ciro Formisano. Una docu-fiction sulla riforma Fornero e i suoi esodati. Per concludere resta solo In articulo mortis, il thriller paranormale scritto da Michael Segal che avrà alla regia Ivan Zuccon. Per ora è stato girato solamente un teaser in cui non partecipo, ma se il progetto andrà avanti e lo spero davvero, visto che traducendo la sceneggiatura mi sono reso conto che è molto bella, io interpreterò il ruolo di un poliziotto. Spero solo che Ivan non mi chieda di parlare con accento americano!

Oltre ai lungometraggi, Lei ha preso parte a corti e spot. Considera la recitazione un lavoro o una passione?

È strano che tu me lo chieda proprio adesso. Questo mese abbiamo iniziato le riprese del nuovo film di Tiziano, una storia piena di suspense girata in stile found footage, e a febbraio ho un ingaggio per Sky. Quindi ho deciso che almeno per ora mi dedicherò a fare l’attore e il traduttore, prendendo un periodo sabbatico dalla scuola d’inglese. Pian piano sto cercando di fare della recitazione il mio lavoro principale.

La Sua carriera sembra però già incanalata in questo tipo di filmografia.

Non me l’aspettavo! Da quando ho fatto il primo provino il resto è seguito come un effetto snowball. Forse perché in Italia ci sono pochi attori che parlano inglese! Anche se bisogna tenere conto che oggi, con le compagnie aeree low-cost, si può fare arrivare un attore dall’estero con poco, ma se ce l’hai in Italia è certamente più semplice. Ad ogni modo, sarà anche vero quel che mi dicono spesso, cioè che ho la faccia giusta al momento giusto! Inoltre, siccome parlo italiano, sui set posso dare una mano con gli altri attori madrelingua inglese. Essere bilingue è chiaramente un valore aggiunto, specie in questo ambiente. Considera che negli ultimi sei anni ho partecipato a una sola produzione in italiano, L’esodo, ed è l’unico a non essere un film dell’orrore.

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Tirando le somme, quindi l’horror è ormai il Suo genere?

Onestamente, come spettatore, non sono un grande patito dell’orrore ma è davvero divertente stare su un set del genere, si imparano molti trucchi su come realizzare scene paurose. Mi sono sempre trovato molto a mio agio, ho collaborato con persone splendide che mi hanno sempre trattato benissimo. Ogni volta è come creare una nuova famiglia. Magari non è così per tutti, ma in base alle mie esperienze personali ho deciso di orientarmi sempre più verso il cinema indipendente, dove ogni persona collabora per raggiungere lo stesso obiettivo. E devo dire che i film che ho fatto, anche se non sono capolavori, hanno tutti il loro perché. Possono piacere o meno, ma sono girati bene, considerando anche la mancanza di risorse. Con parecchio si può ottenere molto, ma è un peccato dover girare quasi sempre con poco! Questo è proprio uno dei limiti dell’underground: purtroppo in Italia non è considerato un genere serio e ci sono poche risorse, anzi pochissime. Il prodotto finale non ha molte possibilità di essere visto, se non da quelli del settore stesso, figuriamoci al cinema, fatta eccezione dei festival. L’altro aspetto che non mi piace è che questo paese è pieno di haters, che sparlano di un prodotto senza prima vederlo. Invece di lavorare tutti insieme come comunità, ognuno tende a tirare l’acqua al proprio mulino.

Un’ultima domanda: come attore, ha qualche ambizione?

Il mio sogno sarebbe prendere parte a un film tipo Shaun of the Dead o Hot fuzz. Mi manca non poco l’umorismo nero tipicamente inglese. Ma mi basterebbe lavorare ancora in questo ambiente, sperando di dare sempre il meglio per contribuire a rendere i film più interessanti e piacevoli per il pubblico. Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutti coloro con cui ho lavorato fino a oggi. Ogni set mi ha donato un’esperienza unica e memorabile. Spero di continuare così!

Autore: Mattia De Pascali
Pubblicato il 19/01/2016

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